Il minimum stay o soggiorno minimo: un’arma a doppio taglio per hotel e destinazioni turistiche

Cosa può esserci mai di sbagliato nella pratica del minimun stay addirittura da vanificare gli sforzi delle destinazioni turistiche?

Cos’è il minimum stay o soggiorno minimo

Il minimum stay, o anche soggiorno minimo, è una strategia utilizzata dagli albergatori per ottimizzare l’occupazione dell’hotel e massimizzare la redditività nei periodi di alta stagione. Molti albergatori usano questo strumento senza una pianificazione strategica e senza conoscere le differenze di comportamento dei vari mercati. Così, questo strumento utilizzato in modo superficiale rischia di danneggiare l’hotel limitando le sue potenzialità di business, trasformando una strategia utile in un’attività controproducente che addirittura rischia di vanificare gli sforzi promozionali delle destinazioni turistiche.
La verità è che spesso, l’imposizione di un numero minimo di pernottamenti contrasta completamente con le modalità di viaggio dei turisti, specialmente quando si parla di stranieri. E quindi, l’utilizzo errato del minimum stay può trasformarsi in una sorta di boomerang per le destinazioni turistiche che cercano di promuoversi verso i mercati esteri.

Minimum stay: effetti sui turisti europei e extraeuropei

C’è da dire che in passato l’utilizzo del minimum stay era molto più diffuso e nel corso degli anni gli albergatori italiani hanno saputo affinare questa tecnica. Tuttavia, ancora oggi ci sono coloro che lo utilizzano in modo miope, soprattutto nelle località balneari: ebbene si, ci sono ancora i nostalgici dell’offerta sabato-sabato a tutti i costi, a pieno ritmo da giugno a settembre. Questo atteggiamento rappresenta un’incoerenza, oltre che uno spreco di risorse, soprattutto considerando che allo stesso tempo le organizzazioni territoriali investono per attirare i mercati esteri e rendere la destinazione più internazionale.
Si perché i dati di domanda dimostrano che gli stranieri non intendono la vacanza al mare come la intendiamo noi, ossia un lungo periodo di relax a prendere il sole e fare il bagno. In realtà, hanno abitudini completamente diverse. Per molti di loro si tratta del primo (e difficilmente ripetibile) viaggio in Italia, e sicuramente non vogliono passare una settimana intera a dormire sulla spiaggia. Anzi, alcuni organizzano il loro viaggio come un tour de force, cercando di visitare quanti più posti possibile in pochi giorni, poiché l’Italia è vista come una destinazione esotica.
L’infografica mostra i dati di permanenza media (LOS) nelle strutture ricettive di tre destinazioni balneari del sud Italia per le vacanze di luglio e agosto 2023. Ciò che emerge è che i turisti che desiderano soggiorni di 5-6 notti (corrispondenti al valore del minimum stay più utilizzato nelle destinazioni balneari) sono principalmente di mercati di brevissimo raggio, come italiani, francesi e tedeschi. I tanto desiderati americani e gli inglesi, che sono considerati turisti altospendenti, cercano invece soggiorni di massimo 3-4 notti in queste destinazioni. Questa tendenza vale anche per altre nazionalità, come brasiliani, giapponesi, indiani e singaporiani, che stanno cercando pernottamenti per quest’estate.
Cosa faranno questi turisti quando si vedranno imporre un minimo di sei notti di soggiorno? Quanto è probabile che accettino di restare più a lungo e quanto di cambiare struttura o destinazione?

Conclusioni

È paradossale notare come gli sforzi di promozione turistica verso i mercati esteri da parte di una destinazione turistica possano essere vanificati dalla mancanza di flessibilità delle strutture ricettive che impongono il minimum stay. Infatti, se i turisti esteri cercano soggiorni più brevi o viaggiano in modo più flessibile, l’imposizione di un numero minimo di notti da parte delle strutture ricettive può scoraggiarli dal prenotare presso l’hotel e spingerli a cercare alternative più personalizzate e adatte alle loro esigenze. In questo modo, gli sforzi di promozione turistica della destinazione rischiano di essere vanificati e di creare un’immagine negativa della destinazione turistica, che viene vista come poco accogliente e poco interessata alle esigenze dei turisti.

In conclusione, gli albergatori non possono considerarsi un’isola a sé stante all’interno della destinazione turistica. Il minimum stay può rappresentare uno strumento efficace se utilizzato in modo strategico, adattandolo alle esigenze dei turisti e alla pianificazione della destinazione turistica. Tuttavia, se viene utilizzato per abitudine o in modo incoerente con la strategia di promozione, può diventare controproducente e ridurre i ricavi degli hotel. È quindi importante che gli albergatori e le organizzazioni territoriali lavorino insieme per sviluppare un’offerta turistica flessibile e personalizzata, in grado di soddisfare le esigenze dei turisti e di aumentare l’attrattività della destinazione turistica.

 

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