Riviera Romagnola, Valtellina, Salento, Cinque Terre; e ancora Lago di Como, Costa Smeralda, Dolomiti Lucane, Costa dei Gelsomini, Cilento: queste sono solo alcune delle tante destinazioni turistiche che abbiamo in Italia, un ventaglio ampio e diversificato di territori che, con la loro identità, offrono una vasta e variegata offerta di prodotti turistici.
Noi ne abbiamo individuate duecentosei e con questo articolo vogliamo cercare di fare un passo indietro, per avere una visione completa di quello che è stato l’impatto del 2020 sul nostro settore, destinazione per destinazione.
PRIMA DELLA CRISI. Nel 2019, che ormai definiamo il preCovid, le destinazioni turistiche italiane stavano vivendo un periodo tendenzialmente positivo: dal 2014 era iniziata la lunga fase di recupero dalla crisi finanziaria e, anche se alcune di loro segnavano variazioni percentuali non proprio rassicuranti, nella maggior parte dei casi i tassi di crescita erano più che positivi. Le destinazioni turistiche Principali, cioè con un flusso di più di 10 mln di presenze turistiche l’anno, erano sei e rappresentavano, da sole, il 32% di tutte le presenze nazionali: al primo posto Roma Capitale con 30,9 mln di presenze; poi Riviera Romagnola (29,9 mln), Lago di Garda (20,4mln), Milano e Cintura Metropolitana (14,4 mln), Firenze e Area Fiorentina (13,7 mln) e Venezia (12,9 mln). Le città d’arte, dunque, erano quelle che spingevano i grandi numeri, grazie alla loro fama internazionale e quindi al grande flusso di turismo straniero; così come la Riviera Romagnola e il Lago di Garda, che si inseriscono più in un contesto balneare e paesaggistico e sono facilmente raggiungibili dai viaggiatori europei.
Ma l’Italia non è un Paese di poche destinazioni leader: la gran parte del turismo, in realtà, era prodotto dalle località cosiddette Grandi, cioè quelle che raccoglievano tra 1 e 10 milioni di presenze turistiche annue. Questo gruppo, che raccoglie 77 destinazioni distribuite in tutta la penisola, erano responsabili del 60% di tutte le presenze nazionali. Tra queste, le più importanti erano: la Val Pusteria (9,7 mln), la Costa del Friuli (6,7 mln), la costa di Jesolo-Eraclea (6,5 mln), l’area Bologna-Modena (6,4 mln), la Costa degli Etruschi (5,7 mln).
Ci sono poi, dopo le Medie, le Piccole destinazioni turistiche che, pur rappresentando il 42% del totale, muovevano flussi turistici inferiori alle 500mila presenze annue. Tra queste, vale la pena citare alcune che, nonostante i valori assoluti, concentrano i flussi in piccole aree ed hanno, quindi, una pressione turistica rilevante, come ad esempio: Arezzo (453 mila), l’area Vesuviana (403 mila), il Mugello (315 mila), la Val di Non (260 mila).
L’ANNO IN PERDITA. Il 2020 non ha bisogno di presentazioni: dopo un gennaio da numeri “regolari”, da metà febbraio e per i mesi successivi i flussi turistici sono stati quasi azzerati, per riprendere poi, timidamente, in estate e in autunno, tornando a scendere di nuovo in inverno.
Senza alcun dubbio, la destinazione che ha sofferto maggiormente nel 2020 è stata Roma: rispetto al 2019 ha perso ben 24,4 milioni di presenze, cioè il 79,0% del suo mercato abituale. Come si poteva immaginare, il triste primato è dovuto principalmente all’assenza dei turisti stranieri, che rappresentavano ben il 70% del totale dei pernottamenti: sono passati da 21,6 mln a 2,9 mln, con una variazione percentuale del -86,6%.
Per lo stesso motivo, le grandi città d’arte italiane e le altre destinazioni ad alto tasso di turismo straniero, seguono Roma per volumi di perdita. Segue una triste classifica che considera solo le variazioni percentuali, che permettono non solo un diretto confronto dei dati, ma anche una migliore comprensione di quanto il Covid abbia impattato sulle economie locali. Più della metà delle destinazioni esaminate segna una contrazione maggiore del 50%: Firenze e l’Area Fiorentina ha perso ben l’80,6% dei pernottamenti; seguono la Penisola Sorrentina (-79,7%), Milano (-72,7%), Venezia (-72,5%), Costiera Amalfitana (-70,5%), Ciociaria (-68,4%), Costa dei Gelsomini (-67,5%), Litorale del Lazio (-66,9%), Costa dei Grifoni e Riviera del Corallo (-66,6%), Terme e Colli Euganei (-65,8%), Verona (-65,8%), Capri (-65,7%).
A livello di aggregato regionale, è il Lazio ad aver subìto maggiormente la crisi del 2020, a causa della forte dipendenza del turismo regionale ai flussi turistici della capitale: perde il 76% dei pernottamenti. Le altre Regioni che hanno perso più della metà dei flussi sono Campania (-66%), Lombardia (-62%), Sardegna (-59%), Piemonte (-57%), Sicilia (-56%), Veneto (-55%), Toscana (-53%). Le meno colpite, che hanno perso “solo” un terzo delle presenze, sono le destinazioni della Puglia (-35%), Abruzzo (-33%), Marche (-28%), mentre le destinazioni del Molise perdono l’8%.
LE DESTINAZIONI PIÙ FORTUNATE. Al netto delle piccole destinazioni, ci sono alcune grandi e medie destinazioni turistiche che durante il 2020 hanno subìto meno perdite. Si dividono principalmente in due categorie: località balneari con un mercato prevalentemente domestico e località montane. Tra queste c’è la Riviera del Conero, famosa costa marchigiana, che perde solo il 17,9% dei pernottamenti rispetto al 2019. Le altre mete sono: la Maremma Toscana del Sud (-25,0%), le Dolomiti Venete (-25,2%), la Riviera Apuana (-25,4%), la Val di Fassa (-25,5%), la Costa dei Trabocchi (-26,3%), l’Altopiano della Paganella (-27,1%), la Val Pusteria (-27,6%), Primiero (-27,7%), il Salento (-28,6%), gli Altipiani Cimbri (-29,2%) e la Costa degli Etruschi (-29,8%).
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